Un percorso lungo oltre settant’anni, fatto di scelte misurate e trasformazioni puntuali. La storia del logo Ottolina racconta come un’identità visiva possa crescere insieme all’azienda che rappresenta.
I primi anni: la riconoscibilità che precedeva il marchio
All’inizio della sua attività, il caffè di Ottolina veniva confezionato in sacchetti rossi privi di ogni elemento grafico. Ogni sacchetto veniva chiuso a mano con rivetti metallici, in un gesto ripetuto con precisione e cura all’interno dello stesso spazio in cui il caffè veniva tostato. Il laboratorio e il punto vendita coincidevano, e chi acquistava quel caffè lo faceva direttamente dalla famiglia Ottolina, che lavorava dietro il bancone con la stessa attenzione con cui aveva appena curato la produzione.
In quel contesto, il nome bastava da solo a garantire riconoscibilità. La relazione tra produttore e consumatore si fondava sull’abitudine, sul rapporto diretto, sulla fiducia costruita giorno per giorno. Fino a quando tutto rimase racchiuso dentro quel perimetro, il marchio non fu necessario.
Il cambiamento arrivò quando Remo Ottolina decise di portare il caffè anche al di fuori del negozio, distribuendolo nei bar e nei luoghi di consumo della città. In quella nuova fase, emerse il bisogno di accompagnarlo con un segno visivo stabile, in grado di rappresentarlo con chiarezza ovunque arrivasse. Una forma capace di raccontarne l’origine, la qualità e l’identità.
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La prima ispirazione del logo: una cartolina dai Caraibi
L’idea per il primo logo prese forma a partire da un’immagine osservata quasi per caso. Remo Ottolina, sfogliando alcune cartoline dai paesaggi tropicali, si soffermò su una in particolare. Rappresentava due figure sedute all’ombra di due palme, disegnate con tratti semplici, quasi ingenui. Quell’immagine, nella sua essenzialità, gli trasmise un senso di calma, di vicinanza e di calore. Vi riconobbe subito qualcosa che apparteneva anche al mondo del caffè: una dimensione di attesa e di incontro, di vicinanza quotidiana.
Scelse così di affidare quella suggestione a un grafico, chiedendo che venisse trasformata in un segno capace di accompagnare il prodotto anche fuori dal negozio. Ne nacque il primo marchio Ottolina: un logo illustrato che iniziò ad apparire sulle confezioni proprio mentre l’azienda cominciava ad allargare il proprio raggio d’azione. In quella fase di crescita, quel simbolo contribuì a dare continuità visiva a un’identità che stava cominciando a farsi riconoscere anche al di fuori del suo perimetro originario. Quel marchio accompagnò Ottolina per molti anni, diventando un riferimento stabile nella memoria visiva dell’azienda.
Il cuore rosso e una nuova modalità di comunicare il prodotto
Con l’introduzione del decaffeinato, l’azienda guidata da Remo Ottolina decise di intervenire sul marchio per raccontare in modo immediato la specificità di quella nuova proposta. Al posto della lettera “O” centrale, comparve un piccolo cuore rosso, un elemento grafico semplice, pensato per evocare attenzione, cura e delicatezza. Quel segno diventò presto riconoscibile, e contribuì ad avvicinare il caffè Ottolina anche a chi cercava un’alternativa più leggera, senza rinunciare all’esperienza quotidiana del suo gusto originario.
La versione con il cuore venne registrata ufficialmente e restò in uso per diversi anni, soprattutto nel mercato italiano.
Quando i figli Fabio e Stefano cominciarono ad occuparsi dello sviluppo commerciale dell’attività, emersero però alcune criticità. In certi contesti, quel simbolo interferiva con la lettura del nome, alterandone la percezione. Di fronte a questa consapevolezza, e in concomitanza con l’introduzione delle bobine per il confezionamento automatico, si decise di intervenire nuovamente sul logo, riportandolo alla sua forma tipografica originaria, priva di elementi decorativi, per garantirne la piena leggibilità in ogni contesto.
Un’identità visiva più solida e condivisa
A partire dagli anni Duemila, l’azienda avviò un lavoro più ampio sull’identità visiva, con l’obiettivo di darle continuità e riconoscibilità. Nel corso del tempo, il logo era stato declinato in versioni diverse, adattato a contesti specifici, eventualmente modificato in base alle esigenze del momento. Serviva una direzione più chiara, capace di tenere insieme i diversi linguaggi grafici e comunicativi e di rafforzare la percezione del marchio in modo unitario.
Fu Fabio Ottolina a proporre una prima svolta, individuando nella combinazione nero/oro una scelta adatta a rappresentare l’evoluzione dell’azienda con misura ed eleganza. Nel 2005, con l’ingresso di Silvia Colombo nel reparto marketing e comunicazione, quel percorso trovò poi una struttura più organica.
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L’aggiornamento pensato per parlare a tutti i mercati
La necessità di rivedere il marchio in anni più recenti emerse con chiarezza nel momento in cui Ottolina decise di estendere la propria presenza a nuovi mercati all’estero. Quella soglia concreta rese attuale una riflessione che l’azienda portava avanti da tempo: rinnovare la propria immagine, mantenendone però il carattere distintivo.
Si scelse così di conservare tre elementi essenziali: il nome Ottolina, la città di Milano e l’anno di fondazione, il 1948. Intorno a questi riferimenti prese forma un nuovo equilibrio visivo, capace di raccontare la storia dell’azienda con una voce più essenziale, più diretta, più adatta a contesti diversi: il logo odierno, con la scritta che riprende fedelmente l’originale, affiancata da una linea curva che evoca, al tempo stesso, il taglio centrale del chicco di caffè e il profilo del vapore che sale da una tazzina appena versata.
L’identità attuale di Caffè Ottolina
Oggi il logo di Caffè Ottolina rappresenta un punto d’arrivo e, insieme, una base solida da cui continuare a costruire. Ma soprattutto, continua a raccontare la storia di un’azienda che ha saputo evolversi restando fedele a sé stessa, riconoscibile ovunque, radicata nella tradizione e capace di parlare al mondo.